sabato 10 novembre 2012

La mia vita in un post-it

La mia vita in un post-it
supercazzola prematurata con scappellamento a destra come foss’antani



Capitolo 1

Eccoci qui, a fare l'ennesima zingarata.
Ovviamente saprai già cosa sono le zingarate, vero? Immagino tu abbia visto “Amici Miei”, perché altrimenti... devi essere una persona orribile.
Dicevo: eccoci qui, a fare l'ennesima zingarata.
Quella di stasera è semplice semplice, necessita di pochissimi ingredienti: uova marce, la serranda di un negozio e braccia allenate.

Splarq

Possibilmente, un negozio il cui proprietario ti sta sulle palle.

Splarq

Siamo i soliti. Io, Derp, Giovanni detto Giova e il Mona.

Splarq

Questa sera è toccato al negozio dei genitori di Giova.

Splarq

Finite le uova, io e il resto della combriccola ci dirigiamo verso il solito pub a prendere la solita bionda media. Per il Mona, la solita bionda da litro.
“Dunque” comincia Derp mentre paga per tutti il primo giro, “ho conosciuto questa tipa”.
E comincia ad elencare pregi e difetti, gli stessi della precedente con un margine del 90%. Ormai nessuno gli da più retta quando conosce una nuova ragazza. Che, nel suo linguaggio, 'conoscere' si può tradurre con 'è riuscito a presentarsi con una scusa semi-convincente dopo averla pedinata per un mese abbondante'.
Povero Derp. E' il tipo alla continua ricerca della sua ragazzina dai capelli rossi.
Giova è l'unico che lo ascolta. Giova è il classico bravo ragazzo benvoluto da tutti, meno che da suo padre e sua madre. Relazione complicata ma sincera: i genitori non gli hanno mai nascosto che la loro unica disgrazia è stata che nessuno aveva ancora inventato il preservativo venti anni fa.
Io e il Mona ci scambiamo un'occhiata divertita e continuiamo di sorseggiare le nostre birre. Mi alzo in piedi e saluto tutti.
“Dove cazzo vai, Ppo?” mi fa il Mona.
Ppo è il diminutivo del mio nome, Filippo.
“Devi alzarmi presto domattina”.
Giova sbuffa. “Ancora quegli incontri?”
“Sì. Ancora quegli incontri”.
“Quegli incontri di merda?” chiede ancora il Mona.
“Già, quegli incontri di merda”.
Derp finisce di bere e domanda chi avrebbe pagato il quarto giro. Mentre lo fa libera un paio di rutti non indifferenti. E poi si chiede perché non riesce ad avvicinare mai nessuna ragazza.
Comunque, tiro fuori dalla tasca una banconota da dieci euro e la lascio sul tavolo. Saluto con un cenno della mano e me ne vado a dormire.
Mentre torno a casa ripasso davanti al negozio dei genitori di Giova. Nessuno si è ancora accorto della nostra opera. D'altronde, chi cazzo vuoi che vada in giro alle 2 di notte a Fermo?
Un nome perfetto per una città morta...

L'indomani mattina sono in piedi di buon'ora. Devo recarmi a quegli 'incontri di merda'.
In realtà è un circolo per ragazzi che non hanno prospettive per il futuro. Mi hanno iscritto i miei e ci vado perché hanno già pagato, ma anche perché gli voglio bene. Però dubito che in altre circostanze avrei anche solo saputo dell'esistenza di tale circolo.
Sono fra i primi ad arrivare. Il tutor è già al suo posto dietro la scrivania e, mano mano che entriamo, segna i presenti. Una volta scoccata l'ora, questo prende un fazzoletto di seta dalla tasca, si asciuga la fronte alta e sudaticcia e si alza dalla sedia. “Buongiorno ragazzi. Oggi per voi ho in mente un compito speciale”.
Sento qualcuno dietro di me sbuffare. Dev'essere sempre il solito genio: alla prima frase sbuffa come un mulino a vento, alla seconda bestemmia a bassa voce.
Il tutor continua. “E' un esercizio piccolo, ma anche impegnativo”.
Ed eccolo lì, il genio: quest'oggi ha sentito il bisogno di scomodare Maria e San Giuseppe. Noto solo in quel momento, sentendola ridacchiare per la bestemmia, una ragazza nuova. Biondina, carina, piccolina, magrolina... a un paio di sedie da me, e ricambia lo sguardo con un sorriso malizioso. Sfiziosina!
Il tutor si asciuga nuovamente la fronte sudaticcia e poi prende dal suo tavolo un blocchetto di post-it, consegnandone due a testa.
“Non dovrete far altro” ci dice con enfasi, come se la sua fosse la pensata del secolo, “che due piccoli disegni. Col primo dovrete rappresentare com'è stata la vostra vita finora, mentre col secondo dovete immaginare come sarà la vostra vita fra vent'anni”.
Devo ammetterlo, è una pensata interessante. Mi giro di nuovo verso la sfiziosina, che osserva i suoi post-it confusa.
Quando anche lei si volta, faccio spallucce e ride di nuovo.
Mentre ci fissiamo a vicenda (ha gli occhi verdi!), il tutor continua a spiegare cosa vuole che disegniamo. Non appena lui si gira, la biondina prende una penna e segna qualcosa su uno dei post-it, ripiega il biglietto e me lo tira. Fatto ciò, si alza ed esce dall'aula senza dire nulla.
La sudorazione del tutor, colto impreparato da quell'uscita, aumenta, superando i limiti del povero fazzoletto di seta.
Io nel frattempo apro il biglietto e, indovina un po'? C'è scritto un numero di telefono.
Questa la devo raccontare agli altri.

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