venerdì 16 novembre 2012

La mia vita in un post-it (Capitolo 2)

La mia vita in un post-it
supercazzola prematurata con scappellamento a destra come foss’antani
 
 
Capitolo 2

“E ha pure gli occhi verdi!”
Derp e il Mona si lasciano scappare una risata. Quest'ultimo si alza, prende in mano i bicchieri vuoti e va ad ordinare un altro giro.
“Certo che sei fissato con 'sti occhi verdi” esclama Giova.
“Mi piacciono, che ci posso fare?”
Questa sera niente zingarata. Quando ho detto loro che avevo conosciuto una ragazza mi hanno fatto il terzo grado.
In parole povere, dopo essere uscito dall'incontro per noi poveri giovincelli senza un futuro, ho contattato questa ragazza con un SMS. Si chiama Ilenia e ha due anni più di me. Dopo esserci scambiati un paio di messaggi l'ho aggiunta su Facebook e abbiamo chattato un po'. Mi è sembrata una tipa simpatica, socievole e anche un po' svampita. Forse per un pelino frettolosa: ci siamo messi d'accordo per vederci domani pomeriggio... ma io adoro le tipe frettolose. In genere adoro anche le svampite. Per un secondo stavo già pensando a che nome avremmo potuto dare al bambino, ma per un secondo soltanto, poi mi sono ricordato che i bambini non mi piacciono un granché.
Ma al di là di questo, già so come andrà a finire con i miei amici. Dovremmo esserci quasi.
Il Mona ritorna con quattro bicchieri pieni fino all'orlo e ne passa uno a testa. Eccolo, eccolo che arriva...
Finito di bere, il Mona si gira verso di me, mi scruta come se fosse la prima volta che ci incontriamo a poi fa: “Ehi Ppo, chiedile se ha qualche amica disponibile”.
Lo sapevo!

Torno a casa che mancano dieci minuti alle quattro del mattino. Mi dirigo in camera mia cercando di fare meno rumore possibile, ma seduto sul letto trovo mio padre, con la testa china. Si dev'essere addormentato mentre mi aspettava.
Lo sveglio aiutandolo a rialzarsi. “Su pà, domattina devi andare al lavoro”.
Brontola qualcosa, poi con voce roca chiede: “Hai trovato lavoro?”
“No, pà. Ora fammi dormire”.
“Che ore sono?”
“E' tardi”.
“Perché non torni prima se sai che è tardi...”
Ci metto un po' a capire che quest'ultima frase doveva essere una domanda. “Perché domattina non devo alzarmi per andare a lavorare”.
“Non ha trovato lavoro?” chiede sbadigliando. E' cotto, già non ricorda più di avermi fatto una domanda. Lo prendo sottobraccio e lo accompagno al suo letto.
Metto babbo a dormire come se fosse un bimbo di sei anni e vado a prendermi un bicchiere d'acqua. E mentre bevo, realizzo che domani pomeriggio potrei andare seriamente in giro a consegnare qualche curriculum.
Anche se, effettivamente, nel pomeriggio dovrei vedermi con Ilenia...

Non biasimatemi, ma sono un ragazzo. Un maschio, e in piena tempesta ormonale. Non potete biasimarmi se per una volta rimando il giro di curriculum per vedermi con una ragazza.
Tanto meno se questa ha gli occhi verdi.
Quindi ci troviamo qui, a sorseggiare una cioccolata calda mentre facciamo una passeggiata nei giardini davanti al Duomo di Fermo.
E lei parla: “Quindi per aiutare questa mia amica coprire quella macchia bianca sulla sua gonna nera ho preso un po' di maionese”.
“Maionese?”
“Sì! Sono andata a chiederla nella cucina del locale e ne abbiamo spalmata un po' sulla gonna, così che sembrasse tutta una macchia di maionese. Alla fine sua madre non si è accorta che sotto c'era una macchia di sp...”
“Aspetta, aspetta... sei entrata nella cucina di un ristorante a quattro stelle per chiedere della maionese?”
“Sì”.
La guardo sorpreso, lei fa altrettanto. Le chiedo: “Non potevi chiedere ad un cameriere?”
“Beh, sì... ah! Ecco perché i cuochi mi guardavano male”.
E lei parla, parla... ma mi piace. Non è come le altre ragazze che ti riempiono la testa di chiacchiere. Ha una parlantina spigliata, forse pure troppo, ma questo non fa che accentuare la sua svampitaggine. Sarà per questo che riesco ad ascoltarla senza annoiarmi.
Continuiamo a parlare per almeno un paio d'ore. O meglio per un'ora, poi ci mettiamo a sedere su una panchina e le mie labbra cadono come due arpie sulle sue. Appoggio le mani sui suo fianchi mentre lei fa passare il braccio destro attorno al mio collo e la mano sinistra si insidia fra i miei boccoli neri. Stringo la presa e di risposta lei si mette a sedere sulle mie gambe.
Devo ammettere che non sono mai stato con una ragazza più grande di me prima d'ora.
Posso dire di andarne abbastanza fiero, mentre le nostre lingue ballano insieme. Credo che mi stia venendo il pallino per quelle più grandi.

“Quelle più grandi?” mi fa il Mona prima di scoppiare in una fragorosa risata.
“Sì, quelle più grandi! Tu ci sei mai stato?”
“Dio, sì! Ma non faccio tante storie per una di 22 anni”.
“Come?”
“Il Mona ha ragione” dice Derp. “Quando vai a letto con una che abbia almeno dieci o dodici anni più di te. Quelle a tipi come noi ci fanno scuola, lì sì che hai da vantarti”.
“Ma non mi stavo vantando. Dicevo solo che era la prima più grande di me con cui sia mai andato”.
Il Mona borbotta divertito qualcos'altro prima di ricominciare a disegnare con un gessetto per terra. La zingarata di stasera: stiamo mettendo su una scena del crimine nel bel mezzo della piazza di Fermo.
Derp è steso per terra per fare da modello al Mona, che sta facendo la sagoma del finto cadavere, mentre io sto cerchiando piccole zone sparse intorno a loro per gli schizzi di sangue. Dopo poco arriva Giova con una cassetta di plastica.
“A proposito” mi fa mentre tira fuori dalla scatola i cartellini coi numeri e qualche bottiglia di ketchup per inscenare il sangue, “hai chiesto a Ilenia se ha delle amiche?”
“Oh, ehm... sì, l'ho fatto domani”.
Per un secondo soltanto il silenzio si impadronisce di noi. Poi Derp alza la testa (rovinando la sagoma del Mona, che scomoda sia il Signore che la Madonna) e dice: “In pratica te ne sei scordato e programmavi di farlo domani”.
“Esatto! Bravi ragazzi, voi sì che mi conoscete”.

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